domenica 21 dicembre 2014

Addio a Virna Lisi, bellezza senza tempo e dai mille volti.

Virna Lisi
E' venuta a mancare Virna Lisi, attrice dalle notevoli doti e gentildonna di altri tempi.
Questa bellezza solare dal volto angelico, gli occhi color cielo e un sorriso avvolgente e incantevole ci ha per tanti anni catturati con le sue variegate interpretazioni nella sua lunga carriera di attrice e di teatro. Restò sempre fedele al suo essere rifiutando l'industria del cinema di Hollywood ma senza per questo privarsi del lancio internazionale anche con registi prestigiosi.
La sua notevole sensibilità di attrice crebbe ulteriormente nella maturità, interpretando sia ruoli materni sia ruoli di donna forte e dai tratti a volte perfino crudeli, complice un volto congelato in un'algida maschera.
Il suo ricordo resterà indelebile, così come l'immagine di bravura attoriale, purezza e riservatezza che l'ha sempre contraddistinta.

domenica 14 dicembre 2014

Romanzo Criminale (2005) - di Michele Placido con Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Stefano Accorsi, Anna Mouglalis, Jasmine Trinca, Riccardo Scamarcio

 

Dal romanzo best-seller di Giancarlo De Cataldo, Michele Placido dirige questa gangster story italiana avvalendosi di un cast di interpreti italiani d'eccellenza. La storia della nascita e della prepotente ascesa della banda della Magliana, che si intreccia con un periodo storico italiano cruento: il terrorismo, le stragi, i sequestri, gli anni di piombo e la strategia della tensione.

Una locandina del film.
Dopo "Vallanzasca", sempre interpretato dal "suo" Kim Rossi Stuart, Michele Placido ci offre un altro spaccato della storia italiana malavitosa: la banda che per 10 anni conquistò Roma, avvalendosi di agganci importanti nel mondo della mafia e della politica.
Dalla realtà alla finzione. La storia è romanzata, come dice il titolo, anche per colmare gli inevitabili vuoti di cronaca. I tre episodi storici veri, corredati di immagini d'epoca, sono: la strage di Bologna, il rapimento Moro e l'attentato al Papa.
Gli improbabili legami amorosi sono l'elemento che porta i protagonisti a mettersi a nudo. Non ci sono né buoni né cattivi, ognuno è in grado di essere coraggioso o vigliacco a seconda degli eventi. Non c'è un codice di comportamento rigido: si fa uso di droghe. L'atmosfera è via via sempre più crepuscolare, il potere porta con sé anche la discordia, iniziano le divisioni tra i componenti della banda, si perde il contatto con la strada, e quando questo succede può esserci sempre qualcuno della strada che riesce a sopraffarti battendoti sul tuo vecchio campo.
E' l'inevitabile, ciò che forse in fondo i protagonisti hanno sempre saputo senza volerlo figurare.
E' l'atto finale di una lotta contro se stessi, che non può avere vincitori ma solo vinti.

domenica 7 dicembre 2014

Nemico Pubblico (2009) - di Michael Mann con Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard.

Il vero John Dillinger, il fascinoso rapinatore
vestito con abiti di alta sartoria.
La vita di John Dillinger, carismatico ed elegante rapinatore di banche attivo nel periodo della Grande Depressione e definito dall'FBI "Nemico Pubblico" n.1.
Il visionario e barocco Michael Mann si ripete nella regia biografica dopo Ali (2001), caratterizzando il film con gli elementi che gli sono propri. La straordinaria capacità di mescolare azione e atmosfere, i lunghi primi piani in movimento che sembrano volere leggere l'anima alle persone, una eccellente direzione della fotografia sempre curata dal "suo" Dante Spinotti: Mann proietta lo spettatore nel 1933 ma con la percezione del moderno, dei giorni nostri. Le rapine alle banche sono sorrette da un organizzazione perfetta, ma per Dillinger (un eccellente Johnny Depp) non si tratta tanto del cosa si fa ma del come lo si fa. E' stato una sorta di eroe popolare perché amava la gente e da essa voleva essere amato. Riuscì a ingraziarsi la stampa e a manipolare i media a suo vantaggio: in questo modo la gente comune non si sarebbe mai sentita di tradirlo nonostante ci fosse una taglia sulla sua testa. Anche perché Dillinger, calandosi alla perfezione in quegli anni così difficili di crac finanziario, si premuniva durante i colpi di distruggere con il fuoco i registri contabili che testimoniavano i debiti delle persone messe in ginocchio dalla Grande Depressione. Molti pertanto si riconoscevano in Dillinger, un uomo spiritoso che piaceva alle donne e che era come se assaltasse le banche per loro, in un certo senso.
L'FBI di J. Edgar Hoover e il suo agente di fiducia Melvin Purvis (Chrisian Bale) braccheranno senza tregua Dillinger, che ad un certo momento si avvicinerà ad un altro noto rapinatore di quel periodo, ma assai più cruento: Baby Face Nelson. Da quel momento le rapine saranno condotte in maniera meno "professionale" e con elementi assai meno disciplinati dei primi.
Una vita breve ma intensa quella del John Dillinger. Mann sottolinea il come egli vivesse con intensità ogni cambiamento, il rapido mutare degli eventi, senza preoccuparsi del futuro. Perché il meglio era quello che la vita offriva in quel momento: una vita pericolosa, si, ma piena di colori e con l'Amore non di una donna ma della donna che Dillinger voleva: Billie Frechette (Marion Cotillard).

sabato 6 dicembre 2014

Quei bravi ragazzi (1990) - di Martin Scorsese con Robert de Niro, Ray Liotta, Joe Pesci, Paul Sorvino.

Tratto dal best-seller di Nicholas Pileggi "Il Delitto Paga Bene", è un gangster-movie celebre e partecipato da attori che sono figure assolutamente carismatiche nel ruolo.
Il film è il racconto del pentito Henry Hill di trent'anni di vita nella mafia italo-americana.
Scorsese elabora in modo classico ma personale tutti gli stereotipi che sono propri dell'universo del genere, mitigando solo i toni tragici che solitamente accompagnano il protagonista nel capitolo finale, e enfatizzando stile, mentalità e riti criminali.
Martin Scorsese.
I "Bravi Ragazzi" Henry (Liotta), James (De Niro) e Tommy (Joe Pesci) hanno fatto tutto insieme. Hanno studiato dalla strada nella giovinezza e ora sono diventati degli imprenditori del crimine e la banda è gestita come una vera e propria azienda dove non manca la figura-chiave come Paulie (Paul Sorvino). Ognuno ha però il suo modo di essere: Henry è il più giovane e il meno cruento seppure determinato; James è il più potente e temuto per le sue conoscenze; Tommy è sanguinario e non esita a uccidere con noncuranza anche per motivi futili.
Anche l'elemento del film, destinato a spingere i protagonisti verso un destino ineluttabile, è ben rimarcato: l'uccisione a sorpresa, anche questa volta per trascurabili motivi e per la psiche instabile e violenta di Tommy, di un elemento di spicco della mafia. Il perché è bene evidenziato dalle parole di Hill:

"Per molti di noi, le uccisioni erano un fatto accettato. l'omicidio era l'unico modo per tenere tutti sotto controllo. Se sgarravi venivi fatto fuori, era la regola. Ma a volte anche chi non aveva sgarrato veniva fatto fuori. Insomma, uccidere era diventato un'abitudine. Uno si impegolava in una discussione e prima che se ne accorgesse c'era scappato il morto. Si facevano a revolverate di continuo. Sparare alla gente era normale, niente di strano. Però con Billy Batts fu una questione molto delicata. Tommy aveva ammazzato un pezzo da novanta. Batts faceva parte della famiglia Gambino ed era considerato un intoccabile. E per toccare un pezzo da novanta dovevi avere un buon motivo. Dovevi discuterne e dovevi ottenere l'autorizzazione, se non volevi essere fatto fuori tu".
Henry Hill (Ray Liotta).

Questo elemento, assieme all' "ultimo colpo" che dovrebbe essere lo spartiacque tra la carriera criminale e un futuro fatto di una vita agiata e tranquilla, è il motivo trainante della seconda metà del film che condurrà i protagonisti verso il loro destino.
6 nomination all'Oscar e grandissimi consensi da pubblico e critica per uno dei film-simbolo del genere. Enormi De Niro, Liotta e Pesci.




mercoledì 3 dicembre 2014

Bastardi senza gloria (2009) - di Quentin Tarantino con Brad Pitt, Christoph Waltz, Diane Kruger, Melanie Laurent.

Una locandina pubblicitaria del film.
La personalissima rivisitazione di Tarantino di tutte le primavere cinematografiche della svastica. Un prodotto bizzarro, come nella tradizione tarantiniana, ma assolutamente magnetico.
I "Bastardi", capeggiati dal tenente sanguemisto americano Aldo Raine (Brad Pitt) vengono inviati in Francia con una missione chiara: uccidere e scalpare nazisti. Il più possibile. E in allegria!
Nel contempo, le alte sfere tedesche esaltano le imprese militari di un ufficiale tedesco per farne un film di propaganda, "Orgoglio della Nazione", che avrà la sua première in un cinema parigino. Ma il cinema è gestito da una ragazza ebrea che ha cambiato identità dopo essere scampata allo sterminio della sua famiglia, e che congegna un piano per vendicarsi....il destino condurrà i "Bastardi" nella stessa sala cinematografica per decapitare l'elite nazista. Hitler, Goebbels, tutto lo stato maggiore. Perché quella sera "le uova marce saranno tutte nello stesso paniere"......
Sempre ricco di citazioni, omaggi a film del passato e richiami a contesti storico-culturali come nella migliore tradizione di Tarantino, l' "Inglorious Bastards" dell'estroso regista è film autonomo, ricco di invenzioni narrative e in questo caso esempio di storia alternativa.
Il primo capitolo del film nella campagna francese, in particolare, è da antologia. Circa venti minuti con pathos sempre più crescente, con protagonista assoluto il colonnello SS Hans Landa (Christoph Waltz), nazista colto e suadente conversatore poliglotta, l'uomo che il Führer ha strappato alle montagne della sua Austria perché egli è denominato il "cacciatore di ebrei": a differenza della maggior parte dei tedeschi egli sa pensare come un ebreo, e quindi può capire dove un ebreo può nascondersi.
Il suo discorso incalzante con il contadino francese capofamiglia è una perla per qualità del dialogo, spessore culturale, intensità smorzata da apparentemente concilianti pause, opportuni cambi di lingua all'interno del discorso, velate allusioni e capacità di smontare passo dopo passo il tentativo della controparte di nascondere la verità e mascherare il proprio stato d'animo, fino a distruggere psicologicamente lo sfortunato fattore con furbizia, eleganza e inflessibilità. Per vedere poi la crudeltà materializzarsi nello spietato ordine che precede la carneficina.
E' lui, Christoph Waltz, il vero protagonista di "Bastardi senza gloria": premiato con l'Oscar e Palma d'Oro a Cannes, si dimostra attore straordinario e lo stesso Quentin Tarantino ne darà conferma ingaggiandolo successivamente anche per "Django Unchained".

martedì 2 dicembre 2014

Il caso Thomas Crawford (2007) - di Gregory Hoblit con Anthony Hopkins, Ryan Gosling, Rosamund Pike, Cliff Curtis, Bob Gunton.

"...sa, mio nonno era un fattore, vendeva uova....controllavo le uova con la candela, sa come si fa? Tieni l'uovo contro la luce della candela e guardi se ci sono imperfezioni. La prima volta che l'ho fatto mi disse di mettere tutte le uova rotte o incrinate in un secchio per la pasticceria. Lui tornò un'ora dopo e c'erano 300 uova nel secchio per la pasticceria. Mi chiese che diavolo stavo facendo....ma avevo trovato una crepa in ognuna di quelle....sa, punti dove il guscio era più sottile.....e...incrinature capillari.....se guarda attentamente, troverà che ogni cosa ha un punto debole dove può rompersi, presto o tardi....."
Anthony Hopkins (Thomas Crawford) durante un colloquio con Ryan Gosling (avvocato William Beachum).

Questo è il glaciale Ingegnere Aeronautico Thomas Crawford. Vive in un mondo fatto di logica, di razionalità e governato dal principio di azione e reazione (ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria....). Sulla base di tutto questo, non è problematico per lui sparare alla moglie una volta scoperto di essere tradito e chiamare la polizia con naturale calma e sicurezza.
Il processo è quindi inevitabile, ma una apparente facile vittoria dell'accusa diventerà invece la demolizione dell'impianto accusatorio da parte dell'accusato. E l'avvocato Beachum dovrà ripartire da zero mettendo in gioco la sua credibilità contro un imprevedibile avversario.

Anthony Hopkins.
Ryan Gosling.
Gregory Hoblit bissa "Schegge di Paura" con un altro thriller processuale. Pur con più di un binario parallelo con il lavoro precedente (la presenza femminile croce e delizia, la sfuriata dell'avvocato contro il suo team reo di non essere efficiente nella ricerca fisica delle prove a sostegno, gli ambienti patinati), questa volta l'ispirazione è il "Delitto Perfetto" hitchcockiano. Opere ingegneristiche, geometria e glaciale cinismo alla ricerca della simmetria perfetta.
Sullo sfondo di una Los Angeles sempre ammaliatrice con le luci notturne e gli sfavillanti grattacieli della downtown, l'incontro-scontro tra il giovane avvocato, l'emergente talento Ryan Gosling, e un Anthony Hopkins semplicemente perfetto con la sua espressione calma, l'aspetto distinto e la voce pacata, tratti caratteristici che rendono ancora più inquietante la mitezza che accompagna ogni suo gesto, sarà il motivo trainante di tutto il film e chiarirà che nulla, fino alla fine, sarà scontato.

lunedì 1 dicembre 2014

Million Dollar Baby (2004) - Di Clint Eastwood con Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman, Anthony Mackie, Michael Pena

La locandina del film.
Frankie Dunn è un ex pugile ora allenatore-manager di boxe cui la vita non ha risparmiato amarezze che però lui ha interiorizzato senza rancori, pur con un carattere introverso e scorbutico. Gestisce una palestra di second'ordine assieme a Scrap, anch'egli ex pugile proprio sotto la guida di Frankie, con il quale ha un rapporto di amicizia ma conflittuale: Scrap perse la funzionalità di un occhio durante un incontro e di questo Frankie  si sente responsabile avendo egli condotto Scrap a misurarsi per il titolo. A causa di questo ricordo, i contrasti tra i due sono frequenti spesso anche per banali pretesti.
Frankie si reca ossessivamente a messa martellando il reverendo con le sue domande senza risposta su religione e fede.
Coltiva una singolare passione per la lingua gaelica.
Tiene un rapporto epistolare con la figlia che non vede da molti anni, ma le sue lettere non ricevono risposta e gli vengono puntualmente recapitate indietro senza nemmeno venire aperte.
La vita ha insegnato a Frankie a detestare il rischio: per questo motivo e preoccupato più di proteggere i propri pugili che non spingerli verso traguardi ambiziosi, evita di farli concorrere per il titolo addicendo loro che non sono ancora pronti per combattere.
Dopo che il suo ultimo pugile lo lascia per un altro manager ben più arrivista che gli garantisce l'incontro per il titolo senza fronzoli, Frankie si trova senza pugili da allenare e quindi senza un vero progetto da portare avanti.
Ecco quindi entrare nella sua vita Maggie Fitzgerard, determinata ragazza di modestissime origini e con pochi dollari in tasca che si guadagna da vivere servando ai tavoli, ma con una passione per la boxe che la porterà a superare ogni limite giustificato dalla già avanzata età con la quale inizia a misurarsi seriamente con questo sport.
L'incontro con Frankie, inizialmente restio ad allenarla ma poi sempre più conquistato dalla grinta e volontà della ragazza, darà vita ad un nuovo capitolo nella vita di entrambi: Frankie rivedrà in Maggie la figlia con cui non riesce più ad avere contatti, Maggie rivedrà in Frankie il padre che le è mancato tempo prima.
Insieme condivideranno il loro destino, uniti a doppio filo verso l'ineluttabile.
"Million Dollar Baby" è un film che è ambentato nel mondo della boxe ma non è un film sulla boxe. E' un film sulla competizione che diventa ragione d'essere, sui rapporti umani e sull'empatia, sulla gioia e sul dolore, sulla generosità e sul'avido menefreghismo, sul senso della famiglia , su come i cambiamenti nella vita delle persone possono avere un prezzo da pagare a volte molto alto.
E' un film che racconta il dolceamaro della vita con una grazia e una intensità propria dell'ultimo Eastwood, che ha ormai abbandonato i panni da duro del Texano dagli Occhi di Ghiaccio e dell'Ispettore Callaghan per lasciare il posto ai toni dimessi ma non per questo meno incisivi. Unendo alla saggezza e alla disillusione una velata malinconia. Ma è un Eastwood che dimostra anche la sua grande attenzione ai problemi e alle tematiche sociali, come l'eutanasia. Argomento che egli affronta frontalmente e con consapevole fermezza.
Le musiche, preparate e scelte con grande attenzione dallo stesso Eastwood, sono il perfetto connubio tra la grande carica emotiva contenuta nel film proiettata nello spettatore che ne viene avvolto al punto da immedesimarsi nel profondo con i sentimenti e le emozioni dei protagonisti di questa vera storia di educazione alla consapevolezza.
4 premi Oscar. Per noi il migliore film del decennio 2000-2010. Per qualità assoluta di regia e recitazione, empatia e intensità, perfetto equilibrio tra realismo e pathos, cura dei dettagli. Sono cose che fanno la differenza e alle quali un cinema che sa anche essere di buona qualità come ad esempio il cinema italiano  -ma che risente di una colpevole mancata attenzione verso le cose che fanno davvero ricordare un film nel tempo-  dovrebbe attingere.

domenica 30 novembre 2014

Schegge di paura (1996) - di Gregory Hoblit con Richard Gere, Laura Linney, Edward Norton

Edward Norton
Richard Gere
Un omicidio di un arcivescovo nella città di Chicago. Un accusato apparentemente senza speranza di salvezza. Un avvocato, Martin Vail, desideroso di apparire sotto i riflettori dei media. Il suo mestiere è la difesa, soprattutto quando si tratta di casi destinati ad avere grande attenzione dei mezzi di comunicazione. Non conta che l'imputato sia colpevole o innocente, non conta la verità: vincere in tribunale, questo conta....ma man mano che il processo prende forma, entra nel vivo e si susseguono i colpi di scena, una realtà fatta di corruzione, soprusi e omicidi si rivela davanti agli occhi dell'avvocato. Spronato nel suo ego dalla lotta contro un pubblico ministero un tempo sua amante, il Gere avvocato sembra rivedere le certezze che lo hanno sempre accompagnato perché, forse per la prima volta, sinceramente convinto dell'autentica innocenza dell'impaurito ragazzo del quale ha assunto la difesa: ecco che la generosità prende il sopravvento sulla sua ambizione, ecco che l'altruismo prevale sul suo egocentrico egoismo. Non sa la sorpresa che lo attende......
Laura Linney
In perfetta forma Richard Gere, bravissima Laura Linney in perfetto equilibrio tra grinta e fragilità, e un Edward Norton che già fa vedere tutto il suo talento e versatilità in questo suo sensazionale esordio nel complesso ruolo di schizofrenico.

domenica 26 ottobre 2014

L'uccello dalle piume di cristallo (1970) - di Dario Argento con Tony Musante, Enrico Maria Salerno, Suzy Kendall, Mario Adorf

L'esordio alla regia di Dario Argento. Un piccolo gioiello di una breve ma fortunata stagione del thriller all'italiana.
Durante un soggiorno a Roma, uno scrittore americano in cerca di ispirazione assiste casualmente al tentativo di omicidio di una donna. Inizia così per lui una paurosa avventura che lo vede improvvisarsi detective in aiuto della polizia per individuare un invisibile assassino.
Tony Musante.
Nel film sono già presenti molti elementi della poetica e dello stile innovativo di Dario Argento: sadismo voyeuristico, colpi di scena improvvisi, uso degli spazi eminentemente claustrofobico, spettacolarizzazione della paura, utilizzo di una fotografia dai colori saturi (davvero forte il bianco della galleria d'arte e delle rampe di scala triangolari), sviluppo dei dettagli in maniera maniacale, uso della soggettiva che proietta lo spettatore negli occhi dell'assassino, fino all'ultimo tenuto invisibile e mostrato solo con dettagli del corpo, in particolare delle mani.
Anche la scelta del protagonista (l'ombroso dal fascino latino Tony Musante) diventerà un marchio di fabbrica di Dario Argento: l'uomo ben caratterizzato ma "qualunque", che si trova improvvisamente calato in una realtà di sangue e in un mondo di violenza, e che comunque interiorizza la situazione nutrendosi della propria curiosità e quasi morbosa attrazione per il "giallo" che egli stesso sta vivendo e che gli dà lo slancio necessario per affrontare la situazione fino a trovarsi faccia a faccia con l'assassino.
Da considerare anche il tema dell'omosessualità e la sottile ironia, sovente proposti da Dario Argento nelle sue creazioni, che arricchiscono sapientemente la trama giallistica del film.

Serpico (1973) - di Sidney Lumet con Al Pacino, John Randolph, Jack Kehoe, Tony Roberts

Al Pacino negli anni Settanta
Tratto dall'omonimo romanzo di Peter Maas, il film analizza la vicenda di Frank Serpico, poliziotto italoamericano nella New York di fine anni Sessanta.
Entrato nella polizia unicamente per motivazione interiore, idealismo, entusiasmo e onestà non ostentata ma indiscutibile, Serpico scopre ben presto di operare con colleghi per la maggioranza corrotti e superiori del tutto accondiscendenti.
Ben presto isolato e ghettizzato per il suo rifiuto di adattarsi alla logica della mazzetta e per la sua denuncia dei fatti, Serpico capisce di essere costretto a vivere guardandosi costantemente le spalle. Ignorato dai superiori e respinto dai colleghi, Serpico può confidarsi solo con i pochi amici rimasti nella polizia: il "politico realista" Bob Blair, il burbero ma generoso ispettore McClein e un altro poliziotto che accetta di lavorare con lui ammirandolo per l'integrità morale.
Il caso di Serpico è un caso umano che appassiona, che colpisce tutti coloro che amano l'onestà ad ogni costo. Serpico è persona che si sente "pericolosamente sana in un manicomio": al punto di accettare di mettere la propria vita in pericolo e di vedere il proprio privato in pezzi pur di non fare parte del sistema corrotto.
Serpico rappresenta un tipo di persona che sta diventando sempre più rara nella società cosiddetta moderna: l'idealista puro, colui che non fa compromessi con la disonestà, il soldato che ama combattere in prima linea, l'intellettuale che legge i libri e ascolta la musica ma ama vivere nella strada come un hippie, il degno rappresentante delle istituzioni interessato a null'altro che a svolgere con onestà e passione il proprio lavoro e con le sole armi del coraggio e della forza del proprio essere. Un esempio per tutti.

domenica 5 ottobre 2014

World Trade Center (2006) - di Oliver Stone con Nicholas Cage, Michael Pena, Maria Bello, Maggie Gyllenhall

Le Torri Gemelle intatte nel Luglio 2001
Una commossa rilettura dell'attacco dell'11 Settembre 2001 alle Twin Towers. Vista dal punto di vista dei poliziotti che prestarono soccorso rimanendo sepolti nelle macerie (venendone miracolosamente tirati fuori) e delle loro rispettive famiglie.
E' un Oliver Stone diverso, in questo film. Un Oliver Stone che rifiuta il suo abituale tono polemico nel descrivere i fatti, ma che esalta il coraggio e l'amore familiare senza lasciare spazio a teorie complottistiche.
Come è lontano il magistrale "JFK - Un caso ancora aperto", dove Stone denunciò il complotto interno per l'assassinio di Kennedy ricostruendo i fatti come un perfetto detective.
In "World Trade Center" la sequenza degli eventi di un giorno inimmaginabile si rivela davanti agli occhi dei protagonisti e a quelli delle loro amate mogli. La loro è una lotta per la sopravvivenza disperata e commovente, sepolti da tonnellate di calcinacci e lamiere contorte, bloccati e costretti a sopravvivere a nuovi crolli, incendi ed esplosioni.
I protagonisti della storia sono i sentimenti dei protagonisti: lo sgomento per la tragedia, la disperazione per la propria condizione, le speranze di salvezza messe costantemente e duramente alla prova, con sullo sfondo il pensiero verso i propri cari.
Stone doma il proprio spirito critico per parlarci di indomito spirito americano.

sabato 4 ottobre 2014

Il fuggitivo (1993) - di Andrew Davis con Harrison Ford, Tommy Lee Jones, Julianne Moore

Una produzione hollywoodiana di grande successo. Un opera avvincente non priva di stereotipi ma retta alla grande da Harrison Ford e Tommy Lee Jones.
Tommy Lee Jones
Harrison Ford
Il fuggitivo è Ford, il dottor Richard Kimble, uno stimato medico chirurgo braccato dalla polizia per una improvvisata evasione dal carcere a seguito di una ingiusta condanna a suo carico, l'uccisione della ricca moglie. Il cacciatore è Sam Gerard (Jones), implacabile e zelante investigatore. Preda e cacciatore non si danno tregua, si cercano, si scrutano e si studiano fino a identificarsi l'uno nell'altro, ad avere gli stessi meccanismi mentali. La determinazione di Kimble nel cercare la verità affascina Gerard al punto da convincerlo spontaneamente ad arrivare alla stessa verità. Dopo un inseguimento senza sosta, interminabile, i due terminano il viaggio insieme e con una nuova serenità ritrovata.
Eccezionali Harrison Ford, naturalmente predisposto per il film d'azione, e Tommy Lee Jones (premiato con l'Oscar) che si esalta in questo ruolo tenace, determinato e deciso.

martedì 30 settembre 2014

Dragon: La Storia di Bruce Lee (1993) - Di Rob Cohen con Jason Scott Lee, Lauren Holly

La statua di Bruce Lee
in Hong Kong.
La storia romanzata di Bruce Lee, maestro e icona assoluta delle arti marziali.
Basato sul libro della vedova Linda Lee e ribattezzato da alcuni addetti ai lavori come una mediocre biografia, riesce comunque a raccontare il grande carisma spettacolare del mito, restituendole la contagiosa carica di grande artista marziale, modello di benessere fisico e punto di riferimento spirituale contro paura e pregiudizio.
Oltre che per le scene di lotta, magistralmente interpretate da Jason Scott Lee, il film offre alcune scene memorabili dal punto di vista emozionale. Il duetto di Jeet Kune Do con la moglie Linda; la sua apertura alla madre di Linda, che aveva interrotto i rapporti con la figlia opponendosi alla sua relazione, permettendole di vedere e tenere in braccio il piccolo Brandon; il suo duetto con il figlio Brandon che gattona mentre lui al suo fianco cammina sulle braccia; da brividi la scena finale con la "forma dei 1000 uomini".
Il film è dedicato alla memoria dello sfortunato Brandon Lee, il figlio tragicamente scomparso. Nei titoli di coda è presente una dedica che recita:
"The key to immortality is first living a life worth remembering".

domenica 28 settembre 2014

Nato il 4 Luglio (1989) - di Oliver Stone con Tom Cruise, Willem Dafoe, Frank Whaley, Kyra Sedgwich, Jerry Levine.

La storia di Ron Kovic. Bravo ragazzo "Made in USA", nato il 4 Luglio del 1946, proprio nel giorno dell'indipedenza americana. Ron ama la famiglia, la religione, il baseball, ma per prima cosa ama il suo Paese. Fa tenerezza vedere le sue gesta da bambino prima e da ragazzo poi, abituato a competere sportivamente e primeggiare, a non accettare altro che la vittoria e a vivere la sconfitta con frustrazione, a poggiare tutte le sue sicurezze nella lealtà alla bandiera e nel dare tutto se stesso per ciò in cui crede. Spinto da questi ideali e inebriato dalla retorica anti-comunista e dalle aberrazioni del cattolicesimo ("o con Dio, o con i comunisti"), si arruola nei marines e parte per il Vietnam. Ne
Il vero Ron Kovic in una manifestazione
contro la guerra in Iraq.
torna nel 1968, paralizzato dalla vita in giù, distrutto nel corpo ma non nello spirito. Si sente un eroe, che ha sacrificato se stesso per il bene dell'America. Ma lo scenario è cambiato: la storia americana trasuda sangue dopo gli assassini di John e Bob Kennedy e Martin Luther King, il fronte pacifista anti-guerra cresce sempre di più e Ron Kovic è solo una delle tante cicatrici, un simbolo degli errori dell'America che la gente ormai disconosce e nel quale non vuole identificarsi, ma solo dimenticare.
Inizia quindi un'altra parabola dolorosa di Ron Kovic, dopo gli orrori della guerra al fronte e di fronte alla propria condizione di infermo in una sedia a rotelle. Graduatamente prende coscienza del'inganno subito da tutta la sua generazione, dell'assassinio della buona fede. Sotto le grida di "no alle bombe, no alla guerra", entra attivamente nel fronte pacifista fino ad offrire una testimonianza alla Convenzione Democratica del 1976.
Il regista Oliver Stone.
"Nato il 4 Luglio" è una storia di innocenza perduta e di coraggio trovato. E' uno dei tanti dolorosi sguardi gettati verso la guerra in Vietnam. E' il viaggio di un uomo che, quando sembra schiacciato dal peso degli eventi e dalla propria triste condizione di emarginato, riesce a trovare la forza di risollevarsi e di dare un nuovo senso alla propria esistenza. Senza retorica, senza ipocrisie, ma solo con la propria consapevolezza e determinazione nel mettere a disposizione la propria esperienza di reduce per fare si che gli orrori cui ha assistito non debbano più ripetersi.
"Nato il 4 Luglio" è il secondo capitolo della trilogia dello statunitense Oliver Stone (anche egli ex-volontario) sul Vietnam. Regista da sempre distintosi per il forte impatto polemico e politico dei suoi film e che, come in questo caso, non si è fatto scrupoli nel raccontare con consapevole fermezza gli errori di una nazione intera, la sua nazione.

martedì 23 settembre 2014

Brubaker (1980) - di Stuart Rosenberg con Robert Redford, Jane Alexander, Murray Hamilton, Morgan Freeman

Robert Redford interpreta Harry Brubaker
Per debellare un problema, bisogna conoscerlo a fondo. E per conoscerlo a fondo, bisogna infiltrarsi al suo interno e vedere le cose con i propri occhi.

Pensa questo Harry Brubaker, criminologo ed ex ufficiale dell’esercito, quando dopo essere stato assegnato a dirigere il "Wakefield State Prison" in Arkansas decide inizialmente di infiltrarsi come carcerato all'interno dell'istituto e assistere alla violenza come prassi quotidiana ed essere spettatore interessato dei soprusi, delle prevaricazioni di un mondo basato sulla legge del più forte e privo di ogni etica.

Rivelata la sua identità e fedele al principio che in certi casi è più facile demolire e ricostruire da zero che non revisionare un sistema iniquo, nonchè cosciente del fatto che devono esserci "un peso e una misura" nell'agire per conquistare il vero rispetto dei detenuti, Brubaker agisce da subito. Cerca di conoscere i detenuti e chi è meritevole, elimina ogni clientelismo in essere tra l'istituto e gli esterni azzerando i contratti in essere, licenzia persino un'impiegato dello stato reo di complicità con il sistema corrotto. E' una vera e propria rivoluzione, che disorienta e stupisce.

La popolazione carceraria si divide in due gruppi: coloro che accolgono favorevolmente l'onda della rivoluzione perchè si sentono, forse per la prima volta, parte di qualcosa di buono e di positivo, qualcosa che riesce a dare nuova linfa e stimoli alla loro problematica esistenza; coloro che invece sguazzavano nella corruzione e che temono che "Brubaker farà diventare questo posto una prigione", sono coloro che osteggiano il direttore riformatore.

E con il mondo esterno, le difficoltà non sono da meno. Con il solo appoggio di Lilian, la donna che lo ha imposto a capo della prigione, e contro l'ostilità dei corrotti membri del comitato della prigione che intende gestirla solamente nel segno della continuità del sistema, Brubaker è un uomo solo che abbandona la scena quando è consapevole che per restare seduto al tavolo deve ricorrere a compromessi. E' un uomo solo che non vede insieme gioco politico e verità. E' un uomo solo che non esita a mettersi di traverso con chiunque pur di non essere complice di imbrogli, menzogne e addirittura omicidi.

Nello sconforto per non riuscire a cambiare il corso degli eventi, Brubaker perde anche il sostegno di Lilian che lo aveva sempre sostenuto auspicando perlomeno un suo collaborazionismo: questo assoluto isolamento lo porta inevitabilmente all'esautorazione.

Ispirato ad una storia realmente accaduta, "Brubaker" racconta il cinema del realismo di denuncia così vicino alle idee di Redford. L'idealismo puro, la coerenza ideologica, il coraggio del vero cambiamento, il costante rifiuto di ogni ambiguità e il fare ciò che è giusto e non ciò che è conveniente o sbrigativo. Con la consapevolezza di andare verso un punto di non-ritorno, ma con la grande, grandissima gratifica finale dell’ essere riuscito a fare breccia nelle coscienze dei detenuti, di avere risvegliato in loro il senso di rispetto reciproco e verso gli altri, di avere unito tutta la parte buona all'interno di un contesto corrotto. Il suo è un addio amaro e trionfale, che conquista anche gli ultimi dubbiosi e darà loro la spinta finale per dare continuità al rinnovamento ed essere i prossimi veri riformatori e promotori di un’azione legale contro le ingiustizie e i soprusi dell’istituto.

lunedì 22 settembre 2014

Alpha Dog (2006) - di Nick Cassavetes con Emile Hirsch, Justin Timberlake, Sharon Stone e Bruce Willis

La San Fernando Valley, Los Angeles, CA,
località di riferimento del film
Tratto da una storia vera. Cassavetes ci porta dentro il mondo giovanile "made in USA" contemporaneo, in tutta la sua aberrazione e degenerazione.
"Alpha Dog", il giovane leader di un gruppo di ragazzi, già avvicinato dal padre al mondo della malavita di Los Angeles e a tutti gli effetti testa di ponte del traffico di marijuana della San Fernando Valley, vive nel benessere legittimato dalla sua posizione.
I "suoi" ragazzi lo venerano e lo vedono come punto di riferimento per una vita piena di divertimenti sopra le righe e feste da sballo dove abbonda l'uso di droga. Dal più supino e devoto al più indipendente, nessuno può dire di no a Johnny Truelove.
Perchè grazie a lui ci si sente parte di qualcosa, ci si sente grandi, importanti.
E' la rappresentazione del crollo dei valori tradizionali.
Locandina pubblicitaria di Palm Springs, teatro della "Fiesta".
La famiglia non ha più il suo ruolo guida e i genitori sono privi della forza del controllo sui figli: già piegati dalle loro fragilità di adulti, vittime del proprio essere oppure semplicemente assenti nei momenti chiave, i genitori non riescono più in nessun modo ad essere presenti nel modo giusto nella vita dei figli: Sonny Truelove (papà di Johnny) crea però un gangster a propria immagine e somiglianza, un ragazzo cresciuto in fretta e con un carisma fuori dal comune. Ma pur sempre un ventenne che non riesce ad evitare che la situazione progressivamente gli sfugga di mano.
I rapporti sociali tra i ragazzi sono basati più sulla volontà di sopraffazione che non sull'amicizia, più sull'interesse personale che non sull'empatia.
Su queste basi si evolve la storia. Prima con dei contorni sfumati, poi sempre più chiaramente, si va progressivamente verso l'epilogo drammatico. Un evento si sussegue ad un altro, creando una reazione a catena inarginabile. E' un qualcosa di troppo grande per questi ragazzi dalle famiglie benestanti, che vedono i risultati delle loro azioni andare ben oltre le loro intenzioni.
Il cane alfa della gang: abituato ad avere il controllo su tutto, ad
essere il centro del mondo di una gioventù che si sente protagonista all’interno di questo mondo dal sapore malavitoso, rischioso, estremo e quindi affascinante.
Poi il castello con le fondamenta di argilla che crolla. Il mondo

patinato che si dissolve. I suoi abitanti che fuggono in

maniera caotica, disordinata. Come formiche impazzite. Una corsa

di breve durata. Solo il Cane Alfa continua la fuga. Braccato, solo,

per la prima volta preda. Una fuga spettacolare e drammatica,

accompagnato da un ex compagno di scuola da uno stato all’altro

fino al confine messicano e poi il precipitoso ritorno a Los Angeles

per preparare la fuga definitiva. Una vita al massimo, una ultima

pagina che ancora deve essere scritta, una storia dei nostri giorni.

Una storia da American Dream che si trasforma in un incubo.
Prendendo spunto da un reale fatto di cronaca, Cassavetes fotografa il mondo giovanile di oggi nella sua dimensione non già di causa ma di effetto degenerativo della cultura occidentale. Quando lo sballo si sostituisce al sapere e alla consapevolezza, quando la gang si sostituisce alla famiglia e quando i "soldi facili" sono l'unico fine per il quale ogni mezzo sembra giustificato: pur senza moralismi e paternalismi ma vedendo invece la storia dall'interno e da diversi punti di vista, il lavoro di Cassavetes è ottimo anche grazie alle ottime prestazioni attoriali: sia quelle dei "verdi" e sorprendenti Hirsch e Timberlake, sia i quasi "camei" dei già affermati Bruce Willis e Sharon Stone.

1997 Fuga da New York (1981) - di John Carpenter con Kurt Russell, Lee Van Cleef, Ernest Borgnine, Donald Pleasence, Harry Dean Stanton, Adrienne Barberau

La fantascienza entra nel terzo millennio. Il noir metropolitano diventa icona.
Il capolavoro visionario di John Carpenter, in quell'inizio anni '80 così proiettati verso il futuro (Blade Runner è del 1982), resta un successo indimenticabile. Probabilmente in una misura importante per la caratterizzazione del protagonista Jena Plissken: antieroe solitario e maledetto tra i più amati del cinema contemporaneo.
Catapultato con un sommo ricatto nella devastata ex Grande Mela, trasformata in un carcere di massima sicurezza a cielo aperto, l'eroe di guerra pluridecorato e carico di condanne si trova a combattere una lotta per la sopravvivenza il cui fine sarà quello di tirare fuori dal mondo creato dai forzati il Presidente degli Stati Uniti, finito dentro per il dirottamento dell'aereo presidenziale da parte di un gruppo organizzato di terroristi. L'impresa naturalmente si rivelerà estremamente
difficile. Ma Jena Plissken darà riprova di coraggio e astuzia, fino al limite delle proprie risorse fisiche, per riuscire nell'impresa. Disilluso, disincantato e privo di soggezione nei confronti dei propri carcerieri e degli uomini di potere, verso i quali il suo disprezzo è motivato e palese, Jena scriverà il finale in maniera beffarda nei confronti di chi sembra non avere tratto alcun insegnamento dalla tragica avventura trascorsa, e omaggerà in questo modo il suo personaggio e i suoi coraggiosi
compagni di viaggio caduti nello scenario crudele e fatiscente dell'infernale penitenziario.

martedì 2 settembre 2014

Balla coi Lupi (1990) - di Kevin Costner con Kevin Costner, Graham Greene, Mary McDonnell

Kevin Costner
Il film che ha visto la regia e l'interpretazione di Kevin Costner, strepitoso successo e vincitore di ben 7 Oscar.
Balla coi Lupi è una stupenda parabola sul rapporto dell'uomo con la natura, sull'amicizia, sulla fratellanza, sulla solidarietà e sulla lotta per la difesa della propria identità e della propria esistenza. La storia di un uomo che trovò se stesso, le sue radici e l'Amore nel selvaggio West.
E' il western che per la prima volta restituisce ai pellerossa la lingua madre (i dialoghi sono sottotitolati) e assieme a questo restituisce anche la dignità a un popolo, quello Sioux così come tanti altri popoli oppressi dei nativi americani, che della dignità fece sempre la propria ragione di essere.
Il tenente Dunbar che prende sempre più coscienza dell'ingiustizia e dell'orrore perpetrato dagli uomini suoi simili ai danni di chi vive un esistenza in armonia con se stesso, finisce per identificarsi progressivamente sempre più con i Sioux, ad apprezzare i loro usi costumi e tradizioni e il grande senso di unità e fratellanza, fino a convincersi di smettere per sempre gli abiti militari per fare parte della tribù e combattendo con loro contro i suoi ex commilitoni.
Toro Seduto, leggendario capo Sioux
La visione dello scenario con questa angolazione dà vita a grandi momenti di emozione, speranza e malinconia, che si materializza in Due Calzini, il lupo solitario così romanticamente chiamato dal tenente Dunbar, il simbolo del legame tra l'uomo, la natura e il senso di solidarietà rimasto fino a quel momento sopito. L'immagine del lupo che si sfama dalle mani dell'uomo dopo aver superato la diffidenza è anche l'emblema di come cuore e sentimenti siano in grado di fare crollare ogni barriera.
Il pretesto della civilizzazione, necessario per nascondere la cieca arroganza e la cruda ignoranza di coloro che definivano predoni e straccioni i pellerossa, distruggerà una favola di altri tempi scritta da tanti popoli che seppero vivere valorosamente, da guerrieri indomiti, che scelsero nella maggior parte dei casi di morire combattendo piuttosto che vivere da schiavi e da brutalizzati. Ma Balla coi Lupi, il nome indiano con cui viene omaggiato dal suo nuovo popolo l'ormai ex soldato, ha ormai legato la propria identità e il proprio destino ai Sioux e alla sua neonata famiglia.




domenica 24 agosto 2014

Via col Vento (1939) - di Victor Fleming con Vivien Leigh, Clark Gable, Olivia De Havilland, Leslie Howard

Clark Gable e Vivien Leigh
La spettacolarità kolossal inserita in una cornice melodrammatica. Uno spaccato della storia d'America. L'Amore portatore di conflitti interiori. La Storia mitizzata e romanticamente affrescata.
Ci possono essere mille modi per definire questo film che ha fatto la storia del cinema. E ancora oggi non può che riscuotere grande successo ogni volta che viene riproposto in televisione, successo che non cessa di fare seguito al successo planetario riscosso dal film a partire dalla sua prima uscita e dal romanzo da cui è tratto.
Ambientato nel Sud degli Stati Uniti durante la guerra di secessione e letto dal punto di vista dei sudisti americani, il film ripercorre le vicissitudini di due ricche famiglie di possidenti terrieri, gli O'Hara con la proprietà "Tara" e i Wilkes con l'adiacente tenuta de "Le Dodici Querce". La tranquilla e mondana vita delle due famiglie viene sconvolta dall'arrivo della guerra di secessione, che invece viene accolta con entusiasmo e voglia di rivalsa da parte di tanti giovani idealisti del Sud, inconsapevoli della disparità delle forze in campo. Tragica dimostrazione di come gli uomini in certi casi possano ritrovare nella guerra stessa l'occasione per rivivere.
Colpi di scena e tragici avvenimenti si susseguono fino alla fine. Dal destino delle famiglie alle storie individuali dei protagonisti.
I dialoghi sono di qualità assoluta. Assortiti di frasi che hanno fatto la storia del cinema. Così come naturalmente tutte le prestazioni attoriali sono di valore assoluto.
Ovviamente non si può prescindere dai protagonisti: Vivien Leigh e Clark Gable.
L'ambitissimo ruolo di Rossella O'Hara prese dunque vita nei verdissimi occhi di Vivien Leigh. La sua indimenticabile interpretazione della civettuola, testarda e infine saggia eroina le fa vincere un Oscar e offusca ogni sua prova successiva. La complessità del suo personaggio dalle mille sfaccettature, divisa tra un Amore idealizzato che si dimostra alla fine effimero e volontà di affermazione contro tutto e tutti, avvalora ancora più la sua straordinaria performance.
Solo l'affascinante Rhett Butler, il rude e affascinante avventuriero interpretato da un grande Clark Gable, riuscirà, almeno alla fine, a scuotere Rossella e a farle acquistare piena consapevolezza. La sua immagine mentre stringe tra le braccia e bacia la scontrosa figlia maggiore degli O'Hara è una icona che entra nella storia del cinema.
Così come il malinconico Ashley e la pura Melania, una citazione particolare merita Mami, la schiava nutrice di Rossella: regina del buonsenso, della lungimiranza e dalla energica saggezza.

martedì 12 agosto 2014

Robin Williams, l'ultimo attimo fuggente

Robin Williams ci ha lasciato. Per tutti noi che ammiravamo l'attore, il grande interprete della terapia del riso e dell'anticonformismo attoriale, è un vuoto che non potrà essere colmato.
C'è del mistero in questa fine, si ventila l'ipotesi del suicidio. Ma questo piccolo spazio internet intende unicamente omaggiare il talento attoriale, la versatilità e la completezza dell'interprete che è stato capace di entusiasmarci, farci commuovere e farci riflettere.
Vedendo i film che lo hanno visto protagonista, si è molto spesso potuto scorgere un marchio di fabbrica, una matrice comune: il voler esprimere, nel significato più profondo di questa parola, tutte le umane debolezze e fragilità ma sempre messe assieme ad una grande fiducia e ottimismo proprio verso ciò che l'essere umano può ottenere da se stesso e nei rapporti con gli altri.
Dotato di una comicità debordante e fulminante, straordinario nelle variazioni mimiche, nei giochi di parole e nelle battute a raffica ma cariche di incisività, e allo stesso tempo avvolto da un velo di tenerezza, è stato capace di domare e misurare la sua eccentricità in ruoli meno divertenti.
Il professore del "sappiate cogliere l'attimo....rendete meravigliose le vostre vite..." è diventato l'interprete di sé stesso. Perché, ne siamo certi, ora riuscirà a spingersi al di là dei sogni come aveva a noi insegnato.

sabato 9 agosto 2014

A Hystory of Violence (2005) - di David Cronenberg con Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris & William Hurt.

L'attore Viggo Mortensen
Una cornice di apparente normalità.
Una famiglia di un piccolo centro dell'Indiana, lontano dall'America glamour e dalle grandi metropoli.
Un padre di famiglia mai sopra le righe, anzi dai toni quasi dimessi, un onesto lavoratore con la propria piccola attività di ristorazione, quasi un dispensatore di gentilezza e cordialità dalla reputazione impeccabile. Con una moglie e due figli che sono il centro del suo mondo.
Un esempio di famiglia americana modello.
E' tutto così? E' tutto qui?
Ma no che non lo è. Cronenberg ce lo fa capire da subito, con quel senso di inquietudine, di torbidezza e disagio che crea dalle prime inquadrature, dai primi dialoghi. Dove in una cornice di altrettanto apparente normalità un'orrenda realtà viene svelata.
Una storia di violenza. Un mondo di tranquillità catapultato apparentemente per caso in una realtà fatta di soprusi, di vendette, di sopraffazione, di rivendicazioni e di gangster in doppiopetto.
E la famiglia interiorizza e fa sua questa violenza, in ciascuno dei propri componenti. E pian piano la verità viene svelata.
Il finale è la resa dei conti. Pur essendo un pizzico indulgente verso quella forma di sensazionalismo cui il cinema USA ha spesso attinto a piene mani, riesce ad essere credibile e soprattutto coerente. E' necessario tornare dove tutto è cominciato, la salvezza o la fine sono lì. Perché, come Tom Stoll sa, noi possiamo chiudere con il nostro passato ma il nostro passato non chiude con noi.