sabato 25 luglio 2015

Collateral (2004) - di Michael Mann con Tom Cruise, Jamie Foxx, Jada Pinkett Smith, Mark Ruffalo.

Logo del film.
Il regista Michael Mann.
Il visionario e barocco Michael Mann, maestro nel miscelare azione e atmosfera, straordinario nel raccontare il lato oscuro della personalità umana, si misura ancora una volta con un film nella “sua” Los Angeles, la città delle luci e dove la realtà si mescola con la fantasia come un cocktail dove alla fine è difficile distinguere i sapori.
 
E dove i sogni possono diventare realtà. O incubo, come quando una vita anonima che scorre senza particolari emozioni può trovarsi all’improvviso catapultata in un vortice di violenza.
 
E’ quello che succede a Max, tassista nella città degli Angeli, inguaribile sognatore ma senza risultati e impacciato quando si tratta di prendere una decisione o un’iniziativa.
 
Dopo una corsa dove conosce una affascinante procuratrice distrettuale che alla fine decide di donarle il suo numero di telefono, sul suo taxi sale Vincent. Un misterioso uomo dai modi affabili e decisi, che chiede di avere i servigi del tassista in esclusiva per una serie di appuntamenti nella città distribuiti nella notte.
Ma sono appuntamenti con la morte.
Cinque fermate, cinque omicidi e l'uscita di scena.
 
Sarà una notte che cambierà la loro vita per sempre.
 
 
"Collateral" è la storia dell’incontro fatale tra un anonimo tassista e un killer di professione.
Il taxi diventa il loro confessionale, il luogo dove le loro personalità si incontrano e dove raccontano se stessi.
 
Le tappe che compie il taxi sono l’incubo crescente per Max, dei lavori da eseguire con impeccabile freddezza e professionalità per Vincent. La banalità del male.
 
Sullo sfondo la città con le luci, gli effetti cromatici, i riflessi.
Tutto rigorosamente noir, come il film.
La downtown vista dall’alto, le zone industriali di periferia, le palme che disegnano i finestrini del taxi. Le creature della notte simbolo della natura che passa di lì per caso e incurante dei travagli interiori dell'uomo.

Una umanità disparata: dallo zelante ma umano detective Fanning agli agenti FBI alla caccia della spettacolarizzazione. Dalla mamma apprensiva dello sfortunato tassista ai loschi figuri che si illudono di un colpo facile nei vicoli della downtown.

Tutti trovano una loro naturale collocazione nella notte, in questa notte dove attraversare la strada quando il destino passa può essere fatale.
 

lunedì 6 luglio 2015

I Fiumi di Porpora (2000) - di Mathieu Kassovitz con Jean Reno, Vincent Cassel, Nadia Fares, Dominique Sanda.

"Noi siamo i padroni, noi siamo gli schiavi...siamo dovunque e in nessun luogo...siamo gli architetti dei Fiumi di Porpora"
(slogan del film)

Nelle alpi francesi, in una piccola cittadina di nome Guernon, viene rinvenuto sulla parete di un monte il cadavere di un uomo.
E' stato mutilato e torturato scientificamente, e tenuto in vita per ore con agghiacciante intenzionalità.

In parallelo, nel paese limitrofo di Sarzac viene profanata la tomba di una bambina morta dieci anni prima in un incidente stradale.

Il primo caso vede arrivare sul posto il poliziotto Pierre Niemans (Jean Reno), mentre sul secondo caso indaga il più giovane poliziotto Max Kerkerian (Vincent Cassel).


Jean Reno.
Vincent Cassel.
Ben presto le due inchieste finiscono su una strada comune che verrà percorsa da entrambi gli ispettori. La verità si scoprirà inconfessabile.....la chiave del mistero sembra essere tra i ghiacci delle Alpi.

Il film contiene molti temi di attualità in svariati tempi della storia. Clonazione ed eugenetica si mescolano con neo-nazismo e skinheads, ma nulla viene veramente approfondito. C'è una critica sociale altrettanto vagamente indirizzata, tutto questo resta solamente uno sfondo.

Se si prendono anche le figure dei due poliziotti protagonisti della storia, permane altrettanta vaghezza nella loro caratterizzazione: quando il film termina si sa di loro due e della loro personalità davvero poco di più di quanto si sapeva all'inizio. Convenzionalmente si potrebbe dire che Jean Reno è quello più esperto, meno impulsivo e più riflessivo, Vincent Cassel l'esatto contrario di tutto questo.

A noi sembra che Kassovitz si ispiri, con un risultato naturalmente non all'altezza delle intenzioni, in particolare al Seven di David Fincher, con i due poliziotti Morgan Freeman e Brad Pitt a caccia del serial killer ispirato dai sette peccati capitali.
Sono molti i punti di contatto (i due poliziotti diametralmente opposti che si trovano a lavorare insieme, il contrasto tra sacro e profano, l'efferatezza dei delitti, le atmosfere oscure, l'ambiente ostile e la diffidenza in cui i poliziotti devono muoversi, l'aguzzino che risparmia i poliziotti che lo braccano quando si trova faccia a faccia con loro, il male che resta invisibile fino alla fine) ma francamente la differenza nel risultato è notevole.

I Fiumi di Porpora non è ne brutto ne noioso, intendiamoci. Ma fallisce quando ha l'ambizione di diventare un classico del genere, soprattutto perché debolissimo nel descrivere umanamente i due protagonisti e nel fare identificare il pubblico con loro nel bene e nel male, riconoscendo nelle loro contraddizioni le proprie contraddizioni. Così come con i personaggi di Freeman e Pitt in Seven.