sabato 7 marzo 2015

Le ali della libertà (1994) - di Frank Darabont con Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, James Withmore, William Sadler

Tim Robbins
Morgan Freeman
Un prison-movie intenso e sapientemente costruito. Un dramma carcerario che sfrutta in modo intelligente e libertario i canoni e gli stilemi del genere. Ma non solo: anche una storia di amicizia profonda tra due uomini, che dimostra come anche da
un'esperienza a volte disumana e ingiusta come quella della detenzione carceraria possono nascere buoni frutti.

Tratto da un racconto di Stephen King, "Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank", il film racconta la storia di Andy Dufresne (Tim Robbins), un giovane bancario giudicato colpevole dell'omicidio della moglie e del suo amante, che viene rinchiuso nel 1947 in un penitenziario del Maine. L'amicizia con l'ergastolano Red (Morgan Freeman) e la sua abilità professionale gli offriranno l'opportunità di creare condizioni di vita più umane per lui e per gli altri detenuti e spianeranno la strada per il suo riscatto.

Il film riesce a trovare un incredibile equilibrio tra la cruda realtà carceraria fatta di soprusi e l'empatia che si sprigiona tra lo sparuto gruppetto di ergastolani che trovano vicinanza e conforto l'uno nell'altro e in particolare nell'amicizia tra Andy e Red. Anche l'interpretazione dolente e disperata di James Withmore (Brooks, il bibliotecario della prigione) è importante come chiave di lettura dell' "istituzionalizzazione" dell'individuo sottoposto a lunga pena detentiva e dell'impossibilità di riadattamento una volta escluso dal sistema di cui egli era ormai parte integrante.

Ma il motivo trainante è la grande abilità e meticolosità di Andy che gli permetterà di raggiungere risultati impensabili. Notato dal cinico e ipocrita direttore del carcere, che sfrutta le sue abilità finanziarie e non solo per coprire un fiume di riciclaggio di denaro sporco, Andy riesce comunque a prestare i propri servigi anche alle persone disadattate o bisognose all'interno dell'istituto, e grazie alla sua perseveranza riesce a trasformare un magazzino abbandonato e pieno di topi nella migliore biblioteca carceraria del New England.

Sarà una volgare, vile e premeditata uccisione che farà comunque capire che per lui è il momento di dire basta e rinascere un'altra volta.

Sarà la sua fede, la sua speranza e la sua tenacia che faranno presa su Red e lo convinceranno a condividere la sua rinascita, non prima di essersi congedato dall'istituto carcerario grazie a un disilluso ma toccante ed efficace discorso davanti alla commissione che deve deciderne (dopo 40 anni di detenzione) il rilascio:

C: "...lei è stato condannato all'ergastolo nel 1926. Dopo 40 anni si sente riabilitato?"
Red: "riabilitato? Dunque, mi lasci pensare....a dire il vero non so cosa significa questa parola".
C: "beh, vuol dire essere pronti a rientrare nella società e contribuire a...."
Red: "Lo so cosa significa per lei, figliolo....ma per me è solo una parola vuota. Una parola inventata dai politici in modo che un giovane come lei possa indossare un vestito o la cravatta e avere un lavoro. Che cosa volete sapere? Se mi dispiace per quello che ho fatto?"
C: "si, certo...."
Red: "Non passa un solo giorno senza che io provi rimorso. Non perché sono chiuso qui dentro o perché voi pensate che dovrei. Mi guardo indietro e rivedo come ero allora.....un giovane, stupido ragazzo che ha commesso un crimine terribile. Vorrei parlare con lui...vorrei cercare di farlo ragionare...spiegargli come stanno le cose.....ma non posso. Quel ragazzo se n'è andato da tanto e questo vecchio è tutto quello che rimane. E nessuno può farci niente. Riabilitato? Non significa un cazzo. Quindi scriva pure quello che vuole nelle sue scartoffie, figliolo, e non mi faccia perdere altro tempo. Perché, a dirle la verità, non me ne frega niente".


L'altro momento di svolta, che farà definitivamente presa su Red e darà lui una forza e un coraggio che nemmeno lui sospettava, sarà la lettera di Andy che egli romanzescamente troverà nel posto che gli era stato indicato e che leggerà, in un momento di grande commozione del film:


"Caro Red,
Se leggerai questa lettera, vorrà dire che sei riuscito...e se sei arrivato fin qui forse hai voglia di andare un po' più lontano....
Ricordi il nome della città, vero? (Zihuatanejo)
Mi servirebbe un uomo in gamba per aiutarmi nel mio progetto...spero proprio che tu venga...c'è anche una scacchiera che ti aspetta...ricorda Red: la speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose....e le cose buone non muoiono mai.....spero che questa lettera ti trovi, e ti trovi bene...
Il tuo amico Andy".


I più arguti, alla fine, potranno notare con i titoli di coda il fraterno abbraccio.

Grande, grandissimo film.

domenica 1 marzo 2015

Birdman (2014) - di Alejandro Gonzales Inarritu con Michael Keaton, Edward Norton, Naomi Watts

Michael Keaton
Riggan Thompson (Michael Keaton) è un attore e regista decaduto che versa in una crisi professionale e personale.
Quasi posseduto dal suo alter ego, Birdman, un supereroe pennuto che lo ha reso celebre e dall'ossessiva voce fuori campo che lo esorta ad abbandonare la carriera teatrale che egli tenta di intraprendere nel nome delle trame hollywoodiane che ne decretarono le passate fortune.
In bilico tra passato e futuro, con un presente minato da un complicato rapporto con la moglie e un conflittuale rapporto con la figlia che lo accusa di essere stato abbastanza impalpabile come genitore, egli non reggerà la pressione e si abbandonerà a fuoribonde liti sul set con il nuovo attore del cast Mike Shiner (Edward Norton) mestierante nella vita reale e reale sul set tanto da improvvisare (senza riuscirci) un rapporto sessuale a sorpresa con l'attrice Lesley (Naomi Watts).
Dopo un aspra invettiva con una critica cinematografica, Birdman passerà la notte a bere.
Al risveglio, il giorno dopo, il suo destino si compirà.

Stavolta abbiamo bisogno noi di essere illuminati.
Non l'abbiamo capito.
Il successo con gli Oscar ha spianato la strada alla visione cinematografica anche con noi, ma uscendo dalla sala cinema non ci si è sentiti arricchiti rispetto a quando siamo entrati.
Quasi nessuna sensazione, né buona ne brutta. E' questo il punto: nessuna sensazione.
Capiamo la patologia del vivere, capiamo la riflessione introspettiva, capiamo quell'eterno ondeggiare tra sensi di colpa e volontà di affermazione propri delle star più tormentate, capiamo la scoperta di se stessi. Ma, pur apprezzando qualche spezzone e qualche dialogo non banale e degno di nota, non siamo riusciti a trovare un filo conduttore, un motivo trainante, una vera essenza di significato del film.
La telecamera passa dal dietro le quinte, ai set, a Broadway, in un'incessante sequenza descrittiva dei fatti ma alla fine si resta interdetti. Ci si alza e si dice: "allora?". Forse questo è il nuovo cinema, che cerca di sopperire la saturazione creativa e la povertà di idee cercando il colpo ad effetto. Questo è tutto il "buono" che riusciamo a riscontrare.